Cinquant'anni fa “nasceva” il Concerto di Colonia di Jarrett: io sarei nato quaranta giorni dopo.
~ Maurizio Baglini
Il concerto di Colonia.
Maurizio Baglini interpreta Keith Jarrett
Musica esatta o musica scritta sono la stessa cosa? Ad ogni ascoltatore la legittimità di una risposta plausibile: ascoltare il proprio cuore senza soffermarsi troppo sulla storicizzazione dei generi musicali è il consiglio spontaneo e spassionato che offro sempre al “mio” pubblico.
Per capire cosa rappresenti la trascrizione letterale di un momento storicamente irripetibile, è opportuno, in veste di interprete, ragionare sulla metabolizzazione dell'estemporaneità: cosa rimane di un'improvvisazione, a propria volta sviluppatasi da uno schema predeterminato costituito “soltanto” da un canovaccio di appunti?
Il procedimento di analisi e di restituzione etica del Concerto di Colonia di Jarrett non può essere scevro da un intervento di interpretazione personalizzata, a mio modesto parere: non si cambiano le note, ma si interviene su dinamica, agogica, timbrica, fraseggio. Diversamente da una partitura beethoveniana, Jarrett restituisce un prodotto tipograficamente impeccabile ma totalmente privo di qualsiasi indicazione per l'interprete: sembra di lavorare su uno spartito bachiano, dove troviamo “soltanto” le note.
Una volta analizzato questo punto di partenza cruciale, si lascia spazio al pathos. In questo caso, si assiste ad una sorta di sincronicità di Jung che si snoda su cinque decadi, partendo da un momento storico, datato 24 gennaio 1975, per poi percorrere lentamente un sentiero emozionale.
Due soli suggerimenti di predisposizione all'ascolto: reciprocità fra compositore e interprete oppure gerarchizzazione fra le due figure? Ricordiamoci sempre che nella storia della musica universale i due ruoli sono stati coperti dalla stessa persona nel momento della création, ovvero della prima esecuzione assoluta: Bach, Mozart, Beethoven , Chopin, Brahms, Mahler, Shostakovich, Bartok, Rachmaninov,etc. Oggi, molto spesso, invece, non è più così, non nell'ambito della cosiddetta musica “esatta”. Ma c'è un equivoco, un peccato originale che va “espiato” : la musica non è quasi mai esatta o scritta, bensì classica a tutti gli effetti proprio perché classificata dalla storia dell'ascolto che tessa stessa ha generato nella collettività.
Si può dunque imitare un'esecuzione impareggiabile ed irripetibile? No, se ne può fornire una versione diversa.